Allarme per l’indipendenza dei media: i fondi UE sollevano più di un interrogativo.
Crescono le preoccupazioni sulla reale indipendenza e pluralismo dell’informazione, dopo le rivelazioni pubblicate da Euractiv il 30 giugno. Secondo quanto riportato nell’inchiesta intitolata “Money for nothing”, la Commissione Europea verserebbe ogni anno circa 35 milioni di euro a testate giornalistiche, una cifra di gran lunga superiore a quanto ufficialmente dichiarato.
Tali finanziamenti, presentati come strumenti per sostenere il pluralismo mediatico, sarebbero invece concentrati in modo sproporzionato su un numero ristretto di testate che gravitano attorno al cosiddetto “Brussels media bubble” – un ecosistema mediatico piccolo. A differenza dei più ampi mercati nazionali, infatti, questo microcosmo può essere facilmente influenzato da sussidi pubblici regolari, soprattutto quando questi provengono dalle stesse istituzioni europee su cui tali media sono chiamati a vigilare e fare informazione.
È proprio questa contraddizione a sollevare perplessità tra alcuni eurodeputati, come Christine Anderson (gruppo ESN), che ha depositato una interrogazione prioritaria alla Commissione. Il cuore della questione: come può la Commissione garantire l’indipendenza editoriale di testate la cui sostenibilità – e in alcuni casi la sopravvivenza – dipende direttamente da fondi europei?
Anderson chiede anche se l’esecutivo UE riconosca i rischi sistemici di un effetto di “crowding out”, ovvero la distorsione della concorrenza causata dall’afflusso di denaro pubblico che scoraggia gli investimenti privati e rende le testate dipendenti da fondi istituzionali. Un rischio particolarmente acuto in un mercato sempre più ristretto come quello della stampa, dove poche testate a livello europeo concentrano sempre più finanziamenti da parte delle istituzioni comunitarie.
Infine, la parlamentare richiama l’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, che tutela il diritto a ricevere e diffondere informazioni “senza ingerenza da parte delle autorità pubbliche”. Una disposizione che, secondo Anderson, entra in potenziale conflitto con il ruolo attivo della Commissione nel finanziamento diretto di contenuti giornalistici.
Insomma, nulla di nuovo…