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Alla maturità con lo zaino dei divari: le disuguaglianze educative iniziano ben prima della quinta superiore.

Con la prima prova scritta del 18 giugno, prenderà ufficialmente il via l’esame di maturità 2025 per oltre mezzo milione di studenti italiani. Un traguardo simbolico e personale per ciascuno di loro, ma anche uno specchio delle diseguaglianze profonde che attraversano il nostro sistema educativo. Perché, come dimostrano i dati elaborati da Fondazione Openpolis, i divari che esplodono alla fine delle superiori affondano le radici molto prima, già negli anni della scuola media.

Secondo le ultime rilevazioni Invalsi, ancora, gli studenti provenienti da famiglie con uno status socioeconomico elevato raggiungono in media 206 punti nella prova di italiano in quinta superiore. Quasi 30 punti in più rispetto ai coetanei con un background più svantaggiato, fermi a 176,3. Un divario che raramente si colma lungo il percorso scolastico e che, anzi, tende ad ampliarsi.

I dati sono impietosi: nel 2024, solo il 60,1% degli studenti di terza media ha raggiunto competenze adeguate in italiano, in calo rispetto al periodo pre-pandemico. Ma è il dettaglio territoriale a preoccupare di più. In provincia di Crotone, ad esempio, quasi il 57% degli alunni termina la scuola media senza un livello di alfabetizzazione considerato sufficiente. Una situazione simile si registra anche in altre province del Mezzogiorno, da Enna a Trapani, da Reggio Calabria a Caltanissetta.

Al contrario, nelle province del Centro-Nord la situazione appare meno critica: a Lecco, solo il 27% degli studenti presenta lacune significative in italiano. La forbice geografica evidenzia quanto le condizioni di partenza – sociali, culturali e territoriali – pesino sulla qualità dell’istruzione.

La Costituzione parla chiaro: “I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi” (articolo 34). Eppure, la realtà restituisce un quadro diverso. La scuola italiana non sempre riesce a svolgere il suo ruolo di ascensore sociale: troppo spesso, il destino scolastico degli studenti è scritto ancor prima della scelta dell’indirizzo alle superiori.

Chi proviene da famiglie meno abbienti ha meno probabilità di accedere ai licei, che restano appannaggio dei ceti più alti: solo il 16,4% dei diplomati nei licei proviene da famiglie di operai o lavoratori esecutivi. Nelle scuole professionali, invece, i figli di operai sono oltre un terzo.

A rendere il quadro ancora più complesso è il fenomeno della dispersione scolastica, esplicita o implicita. Non tutti i diciottenni arrivano alla maturità: una parte significativa dei giovani abbandona la scuola in anticipo o la conclude con competenze insufficienti. Questo significa che i divari che osserviamo alla fine delle superiori non raccontano tutta la storia: escludono chi si è perso per strada.

Tutti questi segnali convergono su un dato di fondo: la vera emergenza non si manifesta con l’esame di maturità, ma molto prima, nei primi anni della carriera scolastica. Le difficoltà incontrate alle elementari e alle medie tendono a sedimentarsi, trasformandosi in ostacoli strutturali che accompagnano lo studente per tutto il percorso formativo.

Investire nella scuola primaria e secondaria di primo grado, potenziare il tempo pieno, garantire un accesso equo a servizi educativi di qualità, rafforzare il sostegno scolastico in territori fragili: sono queste le sfide da affrontare oggi per non ritrovarci, domani, a commentare gli stessi divari con rassegnazione.

Foto di F1 Digitals da Pixabay.com