Affettività in carcere: via libera ai colloqui intimi, ma restano gravi criticità igienico-sanitarie e di sicurezza.
Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) ha ufficialmente varato le linee guida per l’introduzione dei colloqui intimi nelle carceri italiane, una misura attesa da tempo e sollecitata dalla storica sentenza della Corte Costituzionale 10/2024, che ha riconosciuto il diritto all’affettività per le persone detenute. Tuttavia, l’annuncio si inserisce in un contesto carcerario segnato da persistenti e gravi problemi strutturali, in particolare sul fronte dell’igiene e della sicurezza.
Il provvedimento stabilisce termini, modalità e destinatari del nuovo diritto, precisando che i colloqui intimi saranno concessi con cadenza analoga a quelli visivi, per un massimo di due ore, e riservati esclusivamente a coniugi, partner uniti civilmente o conviventi stabili. I locali destinati agli incontri – dotati di letto e servizi igienici ma privi di chiusura interna – saranno sorvegliati esternamente da personale della Polizia penitenziaria.
Secondo una ricognizione condotta dal DAP su dati aggiornati a fine 2024, i potenziali beneficiari sono circa 17mila detenuti. Ne restano esclusi però coloro sottoposti a regimi speciali (come il 41-bis), chi ha commesso infrazioni disciplinari o chi è stato sorpreso con oggetti illeciti. Spetterà ai Provveditori individuare le strutture idonee e organizzare la logistica.
Eppure, la realtà degli istituti penitenziari italiani solleva non poche perplessità sull’effettiva attuabilità della misura. Molte carceri versano in condizioni igienico-sanitarie precarie, con ambienti sovraffollati, bagni inadeguati e gravi carenze nella manutenzione ordinaria. Manca spesso lo spazio fisico per garantire la privacy necessaria agli incontri, così come risorse sufficienti per attuare un controllo efficace senza sacrificare la dignità dei detenuti.
In diversi istituti, l’assenza di locali riservati e puliti, unita alla cronica carenza di personale, rischia di vanificare una norma che sulla carta rappresenta un importante passo avanti in termini di diritti umani. La tutela dell’affettività, infatti, è indissolubilmente legata alla dignità della persona e alla possibilità concreta di vivere relazioni autentiche, non solo all’interno di un quadro normativo, ma anche in un ambiente sicuro, sano e rispettoso della persona.
Il varo delle linee guida rappresenta, indubbiamente, un segnale positivo e mirato al recupero del detenuto/a, ma rischia di rimanere una misura monca se non accompagnata da un intervento strutturale sul sistema penitenziario italiano, da anni sotto pressione. Perché parlare di affettività senza affrontare prima le emergenze igienico-sanitarie e di sicurezza rischia di essere, ancora una volta, un’operazione di facciata.