80 Anni di Libertà: in Sardegna la memoria resta retorica e i diritti rimangono inascoltati.
Oggi si celebra un anniversario che, purtroppo, si scontra con una realtà molto distante dalla memoria e dai valori che dovrebbero essere al centro della nostra vita democratica. L’iniziativa “80 Anni di Libertà” promossa dallo Spi Cgil a Cagliari ha ricordato come la libertà sia il frutto di un impegno quotidiano, alimentato dalla memoria, dal dialogo e dall’azione. Un impegno che, a distanza di otto decenni, sembra ormai soffocato dall’assenza di una vera visione per il futuro, ricordata ad ogni legislatura da una classe dirigente locale incapace e ignorante, per usare un eufemismo.
Libertà conquistate con sacrificio, come quella di uomini e donne durante la Resistenza, che oggi, come ricorda la produzione legislativa regionale e l’azione dell’Esecutivo della Regione Sardegna, restano ignorate dalle forze politiche al governo.
Mentre la stessa “decaduta” non riesce ad andare oltre le comparsate e le celebrazioni di ideologie che ormai non hanno più la capacità di mobilitare, la Sardegna continua a vivere un periodo di crescente disillusione. La memoria storica, simbolo di lotta per la democrazia, viene riproposta in maniera superficiale, come un vestito da indossare per l’occasione, senza un reale impegno nel proteggere quei diritti che si vorrebbero ricordare. Ascoltare il discorso odierno della “decaduta” Todde, alla luce dei risultati dei primi 13 mesi di mandato, non può che rimarcarlo.
La Sardegna, regione sempre più allo stremo, non ha più la forza di credere in promesse politiche che non si traducono in atti concreti. Non basta più parlare di diritti senza metterli in pratica, di lotta contro il fascismo e le ingiustizie senza un impegno costante contro la violazione quotidiana dei diritti umani, sociali e ambientali. A che servono nel 2025 tali dichiarazioni autoreferenziali e stucchevoli quando si è incapaci (in maggioranza) di mettere in campo la minima azione di governo per tutelare tali diritti?
Le parole di Antonio Gramsci ed Emilio Lussu, simboli di due diverse ma convergenti visioni dell’antifascismo, dovrebbero risuonare oggi come un invito a guardare oltre la retorica. Ma non per la “decaduta”, anche oggi rivoltasi a uno dei segmenti della popolazione sarda meno interessati dalla ridicola azione di governo vista negli ultimi 13 mesi: i giovani, ai quali si chiede oggi di “fare memoria”, ignorandone, nel contempo, i diritti e le speranze di inclusione.
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