Il certificato verde digitale. Opportunità e rischi secondo le principali istituzioni europee e mondiali.

Come ampiamente risaputo, lo scorso 17 marzo la Commissione Europea ha presentato una proposta di regolamento per l’introduzione del “Certificato verde digitale” per consentire la circolazione dei cittadini dell’UE e dei Paesi terzi, che soggiornano o risiedono legalmente nell’UE, durante la pandemia.

Secondo la proposta della Commissione, basata sull’articolo 21 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, il certificato permetterebbe una comunicazione più coordinata tra Paesi UE, nonché un tempestivo scambio di informazioni sullo stato di vaccinazione dei/delle passeggeri/e, nonché fornire i risultati dei test Covid-19, con l’obiettivo di contribuire a ripristinare la libera circolazione delle persone nell’UE.

Le informazioni incluse, secondo la proposta della Commissione, dovrebbero indicare esclusivamente alcuni dati (nome, data di nascita, informazioni rilevanti su vaccino / test / recupero) e soltanto i vaccini riconosciuti dall’EMA (l’Agenzia europea per i medicinali), potranno essere riportati nel certificato, mentre la sua validità sarà limitata alla durata della pandemia.

Dopo pochi giorni dalla presentazione del Certificato verde digitale da parte della Commissione, lo scorso 25 marzo, il Parlamento europeo ha espresso il proprio parere favorevole, imprimendo un’accelerazione ai lavori sulla proposta d’introduzione del nuovo ‘green pass’, utilizzando la procedura d’urgenza (ai sensi dell’articolo 163 del suo regolamento), giustificandola come una opportunità per facilitare il coordinamento degli Stati membri dell’UE verso l’adozione di misure condivise per il contenimento della diffusione del virus e la circolazione dei/delle passeggeri/e, così da scongiurare il reiterarsi delle restrizioni all’ingresso nei Paesi UE, quali la quarantena e l’autoisolamento. Misure che hanno prodotto notevoli ripercussioni sul turismo e sui trasporti nella zona europea. Ora, il Parlamento europeo dovrebbe proseguire il proprio mandato negoziale con il Consiglio europeo durante la sessione plenaria di aprile.

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Per quanto rigurda la posizione del Consiglio europeo, come ricordato nel corso dell’ultimo vertice del 25 marzo 2021, la certificazione di vaccinazione dovrebbe essere elaborata secondo un approccio comune, garantendo il principio di non discriminazione sulla base della proposta della Commissione europea.

Un novità – il green pass – proposta dalle istituzioni europee anche per contrastare il ‘sempre verde’ atteggiamento sovranista di alcuni Stati membri che, negli ultimi tempi, hanno deciso di andare in ordine sparso avviando iniziative per il rilascio di certificati di vaccinazione senza alcun coordinamento a livello UE, come la Svezia, la Danimarca, la Polonia e l’Estonia.

Sebbene nell’Unione, non vi sia ancora un accordo, la necessità di un sistema UE standardizzato che consenta di raccogliere informazioni sulla vaccinazione e i test Covid-19 in un unico documento o in un’app mobile è stata ampiamente riconosciuta recentemente dalla maggioranza degli Stati membri, specialmente dai Paesi a forte vocazione turistica, che stanno sostenendo l’adozione di
un certificato a livello UE. Ad esempio, lo scorso 12 gennaio, il primo ministro greco Kyriakos Mītsotakīs ha inviato una lettera alla Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, esortando l’UE a creare un certificato di vaccinazione unico. Certificato, inoltre, accolto favorevolmente dalle principali organizzazioni di categoria dei settori del turismo e dei trasporti, per i quali la certificazione potrebbe facilitare una ripresa in sicurezza dei viaggi e del turismo in Europa.

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Nonostante l’opportunità insita nella proposta, anche nella prospettiva di una maggiore coesione europea, per alcune organizzazioni, come l’OMS (l’Organizzazione Mondiale della Sanità), l’adozione del certificato andrebbe sconsigliata poiché non è stato ancora reso noto quanto sia efficace la vaccinazione nella riduzione della trasmissione del virus ad altre persone.

Ancora, per i detrattori del Certificato verde digitale, la certificazione unica potrebbe avvantaggiare le nazioni che attualmente dispongono di una maggiore dotazione di vaccini e persone vaccinate, a scapito dei Paesi dove le operazioni delle campagne vaccinali e le forniture delle scorte delle dosi dei vaccini stanno riscontrando dei ritardi, creando così asimmetria all’interno del processo di certificazione.

Diversi Paesi terzi, nel frattempo, hanno lanciato iniziative simili al Certificato verde digitale, come lo Stato d’Israele dove, al 4 aprile 2019, è stata somministrata a circa 5,29 milioni di persone (circa il 58% della popolazione) almeno una dose di vaccino Covid-19 mentre 4,8 mln (il 53,5%) ha completato la vaccinazione (53,5%). Numeri che hanno giustificato, secondo il Governo israeliano, l’adozione di un “green pass” per le persone che hanno completato la vaccinazione anti-Covid19, attribuendo diritti e privilegi quali l’accesso ai ristoranti, hotel, attrazioni, eventi e convegni.

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Situazione analoga negli Stati Uniti dove si stanno applicando nuove linee guida sul contatto sociale, finalizzate a distinguere tra vaccinati e non vaccinati, permettendo alle prime di riunirsi in casa con altre persone completamente vaccinate senza indossare una maschera facciale.

Certificazione di vaccinazione Covid-19 avviata anche nello Stato del Bahrein, dove è stata lanciata l’app “BeAware” che offre un certificato di vaccinazione per le persone che hanno completato il programma di vaccinazione, fornendo, altresì, informazioni sui risultati del test Covid-19 e consentendo la tracciabilità degli individui che sono entrati in contatto con il virus.

L’International Air Transport Association (IATA, l’organizzazione internazionale delle compagnie aeree), infine, sta lavorando alla creazione dello IATA Travel Pass, un’app mobile gratuita che informerà i passeggeri sui test, vaccini e le altre misure richieste per il viaggio, agevolandoli, nel contempo, nella ricezione dei risultati dei test e nella verifica di ammissibilità della vaccinazione per l’accesso a un determinato Paese.

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