Chiusure di Natale. “L’Editto delle chiudende” del Governo Conte si annuncia tragico per gli esercenti pubblici.

Ieri notte, nel corso della conferenza stampa del Premier Giuseppe Conte, è arrivata la conferma della chiusura per le festività per migliaia di pubblici esercizi italiani. Un ramo d’attività che dopo il primo lockdown, l’adozione dei protocolli sanitari (e degli onerosi adeguamenti per gli esercenti) l’imposizione della riduzione dell’orario di lavoro fino alle 18, chiude l’Annus horribilis con l’obbligo di tenere le serrande abbassate dal 24 dicembre al 6 gennaio.

Emanuele Frongia
Emanuele Frongia, Fipe Confcommercio Sud Sardegna

La chiusura forzata per le festività, secondo le prime rilevazioni della Fipe Confcommercio Sud Sardegna, non potrà che causare un importante calo del fatturato, come confermato dal presidente Emanuele Frongia: “Bar e ristoranti chiusi dal 24 al 6 gennaio significa una perdita del 20 per cento del fatturato dell’intero anno, cassa integrazione per dipendenti, delusione degli imprenditori e chiusura totale di alcune attività”.

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“Quasi tutti gli imprenditori pensavano di poter recuperare una minima parte del lavoro perso in quest’anno di pandemia, avendo investito le poche risorse a disposizione per comprare tutto l’occorrente per il pranzo di Natale e con tutti i tavoli già prenotati. Oggi – ha proseguito l’esponente della Fipe – per mascherare il suo fallimento nel contenimento del Covid-19, il Governo ancora una volta decide di scaricare l’onere della riduzione del contagio sui pubblici esercizi: questo significa decretare una morte di un settore fondamentale per i valori economici e sociali”.

Una morte annunciata, nonostante il ‘cerotto’ dei ristori proposto da Governo. Aiuti che, visti i tempi della burocrazia italiana, non saranno tempestivi, come evidenziato da Emanuele Frongia: “Bisogna capire quali modalità si dovranno utilizzare per ricevere le risorse economiche e quali le tempistiche per l’erogazione. Senza una sburocratizzazione delle procedure troppe aziende non reggeranno, dovranno rinunciare ad alzare le serrande nel 2021”.

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Un finale 2020 dove predominerà anche l’inerzia della Regione verso le istanze del comparto che chiede di ricevere al più presto le risorse (già deliberate) del programma Sardegna Destinazione Lavoro. Una realtà in totale controtendenza rispetto ai proclami di ‘prestezza’ della Giunta regionale, come ricordato dall’associazione di categoria: “Ci sono liquidità bloccate dal 2018 e le aziende ne hanno bisogno. Siamo in piena emergenza, non sappiamo come pagare gli affitti, le utenze e gli stipendi. Se siamo parte di un’economia circolare e se si ferma un pezzo dell’economia circolare, si ferma tutto”.