I Talebani del lockdown. Alla scoperta dell’Italia che vuole chiudere tutto.

Il lockdown è uno spettro che tormenta milioni di italiani terrorizzati all’idea di essere nuovamente privati delle loro libertà, in primis quelle di lavoro e spostamento. Se a marzo le chiusure furono accolte da un consenso generalizzato oggi la percezione al riguardo è radicalmente mutata. Una parte crescente dell’opinione pubblica non accetta che il fardello dell’emergenza gravi unicamente sulle proprie spalle e vede nel lockdown l’ultima spiaggia alla quale non si sarebbe mai arrivati se il governo avesse predisposto un serio ed efficace piano di contenimento della diffusione del virus.

Contrapposta a questa parte di cittadini ne troviamo un’altra che, al contrario, il lockdown lo invoca a gran voce nel nome de “la salute prima di tutto”. Si tratta di una frangia che da marzo in poi si è progressivamente assottigliata ma conserva ancora un peso non irrilevante. Parliamo dei Talebani del lockdown, coloro per i quali si dovrebbe chiudere tutto, subito e a tempo indeterminato. 

Attraverso un’indagine sui social ci siamo avventurati nell’esplorazione di questo micro cosmo auto repressivo. In facebook vi sono  decine di gruppi e community col nome “Io resto in casa”, alcune dei quali con declinazione territoriale, al pari di un vero e proprio  movimento. In twitter i sostenitori del lock down condividono con la controparte l’utilizzo degli hashtag #lockdown2 e #lockdownitalia.

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Scorrendo i loro post, emerge la visione di un Paese che si ritiene largamente popolato da analfabeti funzionali, estremisti della destra idrofoba, negazionisti refrattari a ogni norma di buon senso. Ne deriva una chiara attribuzione di responsabilità per l’attuale situazione: <<è colpa della movida>>, <<se in estate avessero seguito poche e semplici regole non saremmo ridotti così>>, <<non avremmo dovuto riaprire, siamo un popolo di incivili>>. In altre parole, per i Talebani del lockdown la seconda ondata è stata sicuramente causata da egoisti irresponsabili che per uno spritz in più non esiterebbero a mandare in terapia intensiva la nonna ottuagenaria. Eventuali responsabilità o mancanze del Governo? nessuna. Punto fermo per gli ultrà della chiusura è la granitica convinzione che l’attuale Governo rappresenti quanto di meglio vi possa essere nella lotta alla pandemia.  

In questa visione meta-politica gioca un ruolo importante il culto della personalità del premier Conte, le cui dirette social sono attese con messianica trepidazione e seguite con vibrante partecipazione emotiva. Piace moltissimo anche il “Ministro della Speranza”, per i suoi modi da cortese Torquemada, tutto toni pacati e divieti. Sul versante giornalistico, il punto di riferimento è Andrea Scanzi, le cui dirette facebook, con il consueto profluvio di parolacce e insulti rivolti a chi osi contestare la narrazione filo governativa, galvanizzano quanti sognano un’Italia agli arresti domiciliari.

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Del tutto assenti empatia e comprensione nei riguardi di chi a causa del lock down patirebbe gravi sofferenze personali e lavorative. <<Se restassero aperti il virus si diffonderebbe e chiuderebbero comunque>> è il concetto, rivolto ad autonomi e commercianti, che ricorre spesso in tweet e post. Assenti anche riflessioni su grandi e importanti temi quali diritti civili, libertà individuali, limitazione dei poteri dello stato. Per usare le parole di un altro post “copia e incolla” << quelli che oggi parlano di dittatura sono gli stessi che rimpiangono Mussolini>> .

Non sappiamo cosa capiterà nei prossimi giorni. La storia recente ci ha insegnato che i DPCM di Conte, come i sogni, muoiono al mattino e quanto deciso la domenica potrebbe già essere superato il lunedì. Nel frattempo una parte della popolazione attende con impazienza che venga dichiarato il “tutti in casa”.  È il bello della democrazia…anzi della “salute prima di tutto

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