Cagliari, studi d’artista al Ghetto degli Ebrei

Ghetto degli Ebrei, case d'artista, foto Giulia Pinna
Ghetto degli Ebrei, case d’artista, foto Giulia Pinna

La pandemia ha portato con sé numerosi interrogativi e, dopo un periodo di indecifrabile arresto, ancor più impellenti e rumorosi sono stati quelli che hanno interessato la ripresa. Il rischio di sottovalutare e sacrificare i settori culturali è sempre alle porte nei momenti di emergenza ma date le condizioni particolari in cui ci siamo ritrovati, la constatazione che istantaneamente ha colpito molti di noi è stata che la vita non sarebbe stata più come prima.

Riflettendo su questo, gli storici dell’arte Simona Campus ed Efisio Carbone, per Consorzio Camù, curatori del progetto A place for art. Studi d’artista,  hanno cercato di rispondere al quesito “cosa non sarà più come prima?”. Nel contesto in cui le restrizioni potessero limitare l’accesso ai musei e agli spazi destinati all’arte,  s’impone di riabitare in primis gli spazi dell’arte e di renderne tutti partecipi. La risposta alla domanda è nel far sì che gli artisti e chi lavora nell’arte  si ritrovino come comunità e a partire dalla nostra città che risvegliatasi da questo momento possa così tramite la riappropriazione degli spazi, rinnovarsi, secondo un processo già attivo e sempre produttivo di reinvenzione dei luoghi che porta i luoghi in disuso o decadenti a trovare nuova vita.

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Inoltre la perdita a cui si desidera far fronte è quella di quegli artisti che a causa del Covid-19 non sono riusciti a mantenere i propri studi. Impossibilitati nel loro lavoro per causa di forza di maggiore e privati d’un luogo adatto a comporre le proprie opere, la perdita si traduce presto in qualcosa che viene a mancare simbolicamente e metaforicamente per la collettività intera. Non hanno mai smesso di adoperare uno sguardo globale ma hanno deciso in questo caso di sostenere in primis gli artisti che lavorano a Cagliari, allo scopo di supportare la ripresa culturale della città per questa via e favorire anche nuove potenziali collaborazioni tra gli artisti coinvolti.

Così nel trasporre in realtà queste esigenze, il progetto, nell’ambito della programmazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari, si propone così di ospitare l’arte e gli artisti che la realizzano ricreando un contatto col pubblico che ricomponga gli spazi ritrovati, dal 27 giugno al 18 ottobre, incontro di 9 artisti che potranno produrre le loro opere ed esporle, nonché riunire in un legame irrinunciabile arte, artisti, fautori della fruizione e pubblico.

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Il Ghetto ospiterà i primi tre artisti fino al 26 luglio: la pittura informale di Simone Dulcis, l’intimista simbolismo di Lea Gramsdorff, la composizione surreale della fotografia di Francesca Randi.

Il Covid-19 si è imposto non solo praticamente nelle disposizioni che ci hanno coinvolto tutti, ma anche emotivamente e psicologicamente. In che modo ha agito nelle menti dei nostri tre artisti? I tre artisti hanno avuto reazioni diversificate: Simone Dulcis ha attraversato un «periodo di immobilità», Lea Gramsdorff di «fermo biologico», per Francesca Randi la condizione particolare ha condotto ad «un’esperienza nuova».

Per Francesca Randi, fotografa notturna, il cui obiettivo è intriso di luci artificiali che agiscono e alterano le architetture urbane, con dettagli di colori accesi che prevalendo s’intessono nella composizione, il primo ostacolo era superare la mancanza di location esterne fino a trasformare la sua casa in un vero e proprio set. Non solo, ciò che ama è costruire i suoi personaggi, i protagonisti dei suoi cicli fotografici, con un’altra persona. Si trova cioè a dover sperimentare la trasfigurazione artistica su sé stessa, diventare ella stessa personaggio e personificazione delle sue creazioni, sopperendo anche alla disabitudine di essere soggetto fotografico. Così, accedendo alla sua sezione studio si vede un fondale colorato e floreale il quale è il teatro di un personaggio nato in quarantena, una stanza in cui far agire Miss Cassandra, un personaggio che raffigura una diva annoiata e il cui nome s’affaccia dalla letteratura classica non a caso, se si pensa alle profezie nefaste e terribili che le sono collegate.

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foto credits Sardegnagol

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