Donna Summer, Luca Locati Luciani: “Archetipo di un erotismo ‘cyborg’ “.

Crisco Disco, Luca Locati Luciani

La gente muore solo quando viene dimenticata“, scriveva Isabel Allende nel romanzo ‘Eva Luna’. Una frase che si adatta perfettamente alla regina della Disco Music, Donna Summer, scomparsa 8 anni fa e mai dimenticata. Un talento puro e ineguagliabile, capace di andare oltre il semplice successo musicale e con più di 150 milioni di dischi venduti in tutto il mondo.

Ricordiamo la ‘Queen of Disco’ insieme allo scrittore Luca Locati Luciani, autore del libro “Crisco Disco: disco music & clubbing gay tra gli anni ’70 e ’80“.

Salve Luca, sono passati 8 anni dalla scomparsa di Donna Summer. Perchè è importante ricordarla?

C’è un aneddoto molto celebre che riguarda I feel love, il “mantra disco” per eccellenza, uscito nel 1977 e inserito in ‘I remember yesterday’, il quinto album in studio di Donna Summer (con la magistrale produzione di Giorgio Moroder e Pete Bellotte). In quell’anno il compositore e produttore Brian Eno si trovava a Berlino assieme a David Bowie, con il quale aveva avviato una collaborazione dalla quale sarebbero nati i tre album della cosiddetta “trilogia berlinese” (Low, uscito già nel gennaio del 1977, “Heroes” e Lodger). Stando a quanto dichiarato da Bowie stesso, durante la preparazione di “Heroes” presso gli Hansa Tonstudios, Eno irruppe in studio ed esclamò: “Ho sentito il suono del futuro”. E dopo aver fatto ascoltare I feel love concluse: “Eccolo qui. Non cercate oltre. Questo disco cambierà la musica da discoteca per i prossimi 15 anni”.
In realtà commise un errore di valutazione, perché ancora oggi molta musica da discoteca, ma anche genericamente pop, è debitrice di questo brano. Credo basti questo per rimarcare l’importanza di una figura come Donna Summer, e dei suoi geniali produttori.

Oggi si celebra la giornata internazionale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia. Qual è stato
il contributo di Donna Summer sullo sfondo della battaglia per il rispetto del diritto alla libertà sessuale?

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Dunque, credo che per rispondere a questa domanda si debbano utilizzare due piani di lettura: Donna Summer fu una delle regine della disco più amate dalla comunità gay (ma potrei dire per esteso LGBT+) mondiale, però nel 1983 la sua immagine venne offuscata da una sua presunta dichiarazione omofobica, nella quale avrebbe affermato che l’Aids fosse una punizione divina per gli omosessuali. La Summer negò sempre di aver pronunciato queste parole, e si impegnò anche come attivista per la lotta all’Aids. Ciononostante la sua musica venne boicottata da molti club LGBT+, e il suo status di icona gay ne risentì moltissimo.
Detto questo, e con il beneficio del dubbio sulla veridicità di quanto affermato nel 1983, credo fermamente che molte sue hit abbiano ancora oggi un’energia tale da poter liberare mente, corpo, percezione di sé (e mi auguro degli altri) in chi le ascolti. E menti e corpi liberati sono la base di una società con meno pregiudizi.

Nel tuo libro “Crisco Disco: Disco Music & Clubbing Gay negli anni ’70 -’80” hai dedicato uno spazio particolare alle tre regine della disco music, Amanda Lear, Grace Jones e Donna Summer. Cosa le ha accomunate e cosa, invece, le ha contraddistinte sul piano musicale?

Senz’altro tutte e tre hanno espresso quella sensibilità verso il glamour, il bizzarro, l’inusuale che è una parte fondamentale del fenomeno Disco. Lo hanno fatto però in modi diversi. Donna Summer ha spesso rappresentato l’archetipo di un erotismo “cyborg”, futuribile, riscontrabile in moltissime produzioni “dance” degli anni successivi. Potrebbe apparire un paragone azzardato, ma a mio avviso brani come French Kiss di Lil Louis devono molto ad alcuni brani della Summer.
Amanda Lear invece ha dalla sua parte una vocalità che, come è già stato detto, ricorda vagamente quella delle chanteuse da cabaret berlinese. Senza la sua voce, i brani da lei interpretati in epoca Disco, anche se prodotti da figure come i fratelli La Bionda o Anthony Monn avrebbero perso quelle sfumature che li fecero emergere sopra una pletora di altre produzioni. Aiutati senz’altro anche dal mistero intorno alla biografia della Lear, e dalla sua fisicità androgina.
L’androginia è comunque alla base del successo di altre star della Disco music, tra queste Grace Jones, anche se la sua carriera non la si può certo valutare limitandosi al periodo Disco.
La duttilità vocale di Grace Jones ne fa poi, a mio avviso, una delle interpreti più interessanti di tutta la storia del pop. La sua magistrale interpretazione de La vie en rose è un esempio di come suggestioni romantiche possano mutare improvvisazione verso quell’aggressività che sarà sempre più tipica delle produzioni successive della Jones, vere e proprie trasposizioni in musica e voce di fantasie BDSM.
Insomma Donna Summer, Amanda Lear e Grace Jones hanno personalità e caratteristiche in fondo molto diverse tra di loro, nonostante l’ambito musicale comune da cui provengano.

Crisco Disco, Luca Locati Luciani

E’ corretto dire che gran parte del successo della Summer è dovuto al genio di Giorgio Moroder? Cosa sarebbe stata Donna Summer senza la collaborazione del geniale compositore di Ortisei?

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Cosa sarebbe stata la Summer senza la collaborazione di Moroder è impossibile dirlo con certezza. Sono però certo che Moroder abbia trovato in lei l’interprete perfetta per le sue produzioni, quella magia che non è sempre facile avere in ambito musicale.

La Disco Music è, indubbiamente, uno dei generi più vituperati della storia della musica, ma che spesso si ricorda con nostalgia. Come si può spiegare questo paradosso?

Credo ci siano vari motivi alla base di questa incoerenza. Può essere ad esempio che chi sia sempre stato un detrattore della Disco, ricordi quel singolo bacio dato sotto una luce stroboscopica, con il sottofondo di qualche brano Disco. La memoria porta spesso a giudicare il passato anche in base alla nostalgia per emozioni, situazioni piacevoli ormai lontane nel tempo. E tutto viene rivalutato attraverso un metro di giudizio un po’ sfumato. Poi ci sono quelli che la Disco l’hanno sempre amata ma si guardavano bene dall’ammetterlo, e oggi si sentono più liberi di farlo. Infine ci sono quelli che l’hanno sempre ballata e amata senza timore di dirlo, e quelli che l’hanno scoperta e apprezzata anni dopo. Insomma, la Disco ha avuto lo stesso percorso di molti altri generi musicali definiti “di svago”, prendi lo Swing ad esempio. Amati e vituperati per la loro natura apparentemente effimera, ma ricordati con affetto nei decenni successivi la loro esplosione sul mercato e sui “dancefloor”.

Tornerà mai un periodo di tale intensità o dobbiamo rassegnarci al torpore dei sensi indotto dalla tecnologia?

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Non riesco ad essere totalmente passatista, e credo che finché ci sarà voglia di ballare, di flirtare, di gioire ci potrà essere spazio per luoghi con un’intensità diversa ma in fondo simile a quella dell’epoca Disco.

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